Intervista e foto di Luigi Frassinelli

GIUSEPPE BOTTEGA
Classe: 1951
Segno zodiacale: leone
Gusto preferito: limone
Hobby: ciclismo

Tutto ha avuto inizio…
«In giovane età sono rimasto orfano di padre, eravamo quattro fratelli piccoli e questo fatto mi ha costretto a rimboccarmi le maniche da subito per affrontare la vita. Da giovane sono stato costretto ad abbandonare gli studi per lavorare in un’azienda di trasformazione del giunco. Il lavoro mi piaceva, e sognavo di mettermi in proprio a fare l’artigiano. Alcuni anni dopo, assieme a uno dei miei fratelli, costituimmo una piccola ditta con alcuni dipendenti, per la produzione di mobili in rattan.
Essendo il più creativo, mi occupavo di inventare nuovi modelli e di realizzare i prototipi di sedie, tavoli e arredi di vario genere, prima della produzione in serie. Trascorsero anni di successo per la nostra attività, con l’ampliamento del capannone e l’assunzione di nuove maestranze, fin quando un bel giorno, il settore subì una crisi profonda, dettata anche dalla difficoltà di approvvigionamento della materia prima grezza dall’Indonesia. Mi crollò il mondo addosso; avevo fatto anche degli investimenti e le difficoltà incominciavano a farsi sentire. Venne un giorno che una famiglia di gelatieri del mio paese mi fece un’offerta di andare in Germania, e così nel 1987 a trentasei anni partii per una nuova avventura.»

Quanto tempo durò questa esperienza da dipendente?
«Rimasi per otto anni nella città di Langen, in questa gelateria da dipendente, anche perché mi era stata prospettata la possibilità che di lì a breve avrei potuto gestirla in prima persona. Durante il periodo di riposo invernale, quando chiudeva l’Eiscafè, tornavo in Italia ad aiutare mio fratello nella produzione di arredi in midollino; ho cercato per anni di salvare quella piccola azienda artigianale, in cui avevo creduto, ma i tempi cambiano, passano le mode e rimanevano solo le difficoltà, oramai insostenibili. Così, a malincuore, decidemmo di chiudere.»

Quando avvenne il salto ad imprenditore del gelato?
«Purtroppo le aspettative non mi vennero confermate, ma la voglia di mettermi in gioco una seconda volta era tanta. Incominciai a cercare un locale tutto mio, fino a che, nel 1995, acquistai una gelateria a Gernsheim, l’Eis Cafe Rimini.»

Quali difficoltà ha dovuto affrontare?
«Con mia moglie Mirella decidemmo di affrontare questo passo importante per la nostra vita; avevamo un figlio Davide di appena sei anni. Non è stato facile conciliare il lavoro con l’impegno della famiglia. Putroppo ho il rammarico di non essere stato presente, come avrei voluto, con i miei figli Davide e Giulia. Devo dire un grazie a mia moglie che mi è stata vicino anche nei momenti di sconforto e mi ha dato la forza di continuare affrontando di petto le avversità. Non conoscere la lingua, vedere la famiglia in Italia a singhiozzo non è stata una passeggiata.»

Quanti posti può tenere l’Eis Cafe Rimini?
«Circa un centinaio tra dentro e fuori. Con le belle giornate di sole il plateatico si riempie completamente.»

Quanti gusti di gelato produce?
«Agli inizi ero arrivato a produrre, in alta stagione, anche sessanta gusti; adesso ci attestiamo sui cinquanta tra creme e alla frutta.»

Che gusti di gelato ha inventato?
«Molto apprezzato dalla clientela è il gusto Delizia, una vaniglia variegata con una salsa di lamponi freschi e con pezzi di cioccolato amaro.»

La clientela cosa sceglie?
«Negli ultimi anni c’è una tendenza a preferire le novità e i variegati.»

La spesa dedicata al fuori casa si è modificata?
«Nel fine settimana i consumi non hanno avuto contrazioni, durante gli altri giorni c’è meno afflusso di gente al mattino e alla sera. I giovani d’oggi sono cambiati, frequentano meno la gelateria, cercano altre tipologie di locali come punti di ritrovo.»

Il suo menù è ricco di proposte di coppe di gelato?
«Proponiamo cento coppe di gelato, tutte decorate con praline, biscotti o frutta rigorosamente fresca.»

C’è anche l’utilizzo del piatto?
«Abbiamo voluto diversificare l’offerta dalle coppe in vetro con dei piatti in ceramica, rifacendoci al piatto gourmet del ristorante. Inoltre la ceramica ha un vantaggio termico, mantiene più a lungo il freddo, garantendo un maggiore equilibrio nella decorazione.»

Il gelato è cambiato negli anni?
«È migliore, le materie prime che puoi utilizzare sono tante e di altissima qualità. Se un prodotto non mi soddisfa o non ne sono convinto, non lo vendo ai clienti. Inoltre gli ingredienti devono essere sempre freschi e utilizzati nella giusta quantità,  per mantenere le loro caratteristiche di gusto.»

Rifarebbe questa scelta di vita?
«Amavo il lavoro di quando realizzavo le sedie e allo stesso modo amo quello che faccio adesso; ci metto la passione.»

Programmi per il futuro?
«La voglia di andare avanti è ancora molta…»

Un consiglio per i giovani?
«La scuola, la formazione, essere preparati è fondamentale. Non basta solo saper fare il gelato, la gelateria è un’impresa e va gestita come tale.
Bisogna conoscere la lingua per potersi confrontare al meglio con gli organi di controllo e la clientela. Oggigiorno non ci si può più improvvisare e lasciare la gestione al caso.»