Sono anni, anzi decenni, che il settore attende una legge che regolamenti il settore della gelateria artigianale. Dopo aver corso il rischio di essere spazzato via, sotto la pressione del gelato industriale, ha caparbiamente rialzato la testa e, grazie a tradizione e qualità, ha conquistato una fetta di mercato sempre maggiore.
Oggi a nessuno verrebbe in mente di far passare il gelato artigianale per un prodotto “surgelato” piuttosto che un prodotto fresco.
Ogni tanto la politica si ricorda sel nostro settore e qualcuno si fa paladino del gelato artigianale, tanto che nel corso degli anni ci sono state almeno 4 proposte di legge in merito.
Memoria storica in materia è certamente Loris Molin Pradel, (in foto) gelatiere bolzanino che da sempre ha avuto a cuore la causa del gelato artigianale e per anni si è adoperato affinché la categoria avesse una sua legge.

 

Nel numero precedente della nostra rivista abbiamo dedicato spazio a una nuova proposta di legge per regolamentare il settore, la conosce?
«Si, diciamo che è una  proposta di legge ” vecchia” nei contenuti, ma nuova come approccio.»

Vale a dire?
«Non c’è niente ci nuovo sotto il sole, solo che un parlamentare ha ripreso un vecchio disciplinare e un precedente disegno di legge sul gelato artigianale, li ha uniti insieme e vorrebbe andare avanti.»

Tutto qua?
«Sì, può sembrare poco, ma come gelatiere sono contento tutte le volte che vedo che si muove qualcosa. Nel corso degli anni ho assisitito a tante buone partenze, che non hanno portato a niente, ma conservo sempre la speranza che sia la volta buona.»
Intanto chi è che ha preso a cuore la causa del gelato artigianale e la sta portando avanti?
«In realtà i parlamentari sono 2 e lo hanno fatto indipendentemente uno dall’altro. Da una parte abbiamo Federico D’Incà di Belluno e dall’altra Giuseppe L’Abbate pugliese, entrambi del Movimento 5 Stelle. Il primo è capogruppo alla Camera e in qualche modo ha avuto a che fare con il gelato, vista la sua provenienza. Il secondo fa parte della XXIII commissione (Agricoltura) e ha scoperto la mancanza di una legge guardando una trasmissione televisiva. Detto ciò vorrei sottolineare che non mi è mai importato di che colore è il gatto che mi porta il topo, l’importante è che si vada avanti.»

Ma quando nasce questa proposta?
«Verso la metà del 2016 da parte di D’Incà, io sono stato coinvolto qualche mese dopo.»

Quindi è lui il promotore?
«Sì è lui che parte per primo e comincia a lavorarci, poi nel frattempo L’Abbate vede una trasmissione televisiva, scopre che non c’è una legge sul gelato artigianale e decide di darsi da fare. Qualche mese dopo annuncia il suo proposito mentre è ospite nella stessa trasmissione. A questo punto i due si sono parlati e hanno cercato di fare un collage delle due proposte.
Ora dobbiamo anche considerare che il M5S ha un suo regolamento interno, che prevede che ogni proposta di legge venga presentata su un loro sito, si chiama LEX, dove gli iscritti possono prenderne visione e esprimere le loro opinioni. Poi il parlamentare in questione tira le sue conclusioni e procede.»

Quindi adesso le cose stanno andando avanti….
«Sì, perché poi ci siamo incontrati alla Camera con entrambi per stendere il testo definitivo. Il titolo di legge è stato già presentato: “Proposta di legge: D’Incà ed altri: “Introduzione della denominazione di “gelato artigianale di tradizione italiana” e disposizioni concernenti la sua produzione” (4236).»

È la prima proposta che viene fatta o anche in passato ci sono state delle proposte interessanti?
«Diciamo che è perlomeno la quinta proposta, ma è come se fosse la prima in quanto questa volta l’approccio mi sembra assai interessante. Andiamo per ordine: la prima è stata la De Petris nel 2004, poi Pinzger nel 2010, poi Nastri nel 2011 e poi di nuovo De Petris il 20 aprile 2015.»

Ma voi come gelatieri  da quanto tempo state lavorando?
«Eh…, torniamo indietro di parecchio, se ne parla perlomeno dagli anni ’80, ma diciamo che la prima iniziativa seria risale al 1994, quando in Artglace, l’associazione europea che riunisce le associazioni nazionali dei gelatieri, si era arrivati a voler definire il gelato artigianale. Siccome in quel periodo la presidenza era della Spagna e gli italiani non volevano esporsi troppo, hanno dato tutto in mano all’associazione dei gelatieri spagnoli, l’ANHCEA, la quale ha commissionato di redigere un disciplinare. Hanno fatto un lavoro fantastico, ma troppo lungo! Più che un disciplinare sembrava una tesi sul gelato. Un disciplinare deve essere una cosa semplice, essenziale, facilmente leggibile dal gelatiere, un po’ come se fossero i 10 comandamenti.»

Quindi lo avete bocciato?
«No, piuttosto non eravamo convintissimi su tutti i punti, ma poteva anche andare bene e lo avremmo appoggiato; se non fosse che un bel giorno ci arriva una lettera dal Ministero delle Politiche Agricole, allora ero in Confartigianato, che ci informava che l’ANHCEA spagnola aveva fatto la richiesta di Specialità Tradizionale Garantita per il gelato artigianale.
Il Ministero ci informava inoltre del fatto che la richiesta era stata fatta in base ad un certo articolo e questo significava che l’ANHCEA diventava proprietaria del nome di Gelato Artigianale in tutte le lingue utilizzate in Europa.
Calma, ci siamo detti, non erano affatto questi gli accordi, per cui quando siamo andati a discutere al Ministero abbiamo espresso le nostre perplessità e la cosa è decaduta, ma non eravamo i soli ad avere delle riserve. Il peso più grande lo ebbero i produttori di macchinari e prodotti per gelato.»

Quindi non se n’è fatto più niente?
«A livello europeo no, però siccome la necessità di definire il gelato era forte, ci siamo adoperati per stendere un disciplinare italiano del gelato con l’idea di sottoporlo poi agli altri paesi europei. Il disciplinare deve essere semplice ed essenziale, mi voglio spiegare con un esempio: se vogliamo definire l‘albero di Natale, non stiamo a specificare di che colore devono essere le palline, ma indichiamo che l’albero di Natale è un abete. Una palma addobbata, può essere bella quanto vuoi, ma non è un albero di Natale.»

Quindi questo disciplinare non c’è ancora?
«Noi, intendendo Confartigianato, Cna e Casa, lo avevamo preparato.  Dopo averlo redatto e averlo discusso con le varie associazioni, tra le quali AIIPA e ACOMAG, ci siamo presentati al Ministero convinti che ci fossero da fare piccoli aggiustamenti e che ormai fossimo vicini al traguardo.»

E invece?
«E invece non se n’è fatto niente, addirittura, alcuni dei rappresentanti delle associazioni suddette hanno perfino negato che ci fossimo mai incontrati!
Il Ministero ci ha ovviamente rimandato il tutto e ci ha detto di tornare quando avessimo trovato un accordo. Può immaginare il nostro sconforto. È crollato tutto, ma soprattutto è crollata la nostra fiducia nella possibilità di fare qualcosa con certi interlocutori. Tanto che dopo pochi mesi CNA, assieme a Slow Food, ha deciso di presentare una sua proposta di legge, la De Petris.»

Era una buona proposta?
«No, perchè era finita in mano a persone sostanzialmente poco competenti in materia, che, partendo dal disciplinare fatto da noi, hanno cercato di renderlo più stringente, togliendo delle cose e aggiungendone delle altre. Che se lo avessero preso così com’era sarebbe andato bene.
In seguito sono cambiati i vertici di CNA e con l’arrivo di Marco Gennuso facemmo un certo tipo di ragionamento. Ricevemmo alcuni suggerimenti che ci sottolineavano che forse avevamo fatto degli errori di strategia. In sostanza prima di fare certi passi avremmo dovuto consolidarci negli intenti e procedere con un marchio collettivo di qualità. Un po’ come hanno fatto quelli del Parmigiano Reggiano.»

Cioè?
«Loro si sono fatti un disciplinare interno, lo hanno praticato, hanno nominato un ente certificatore, hanno fatto un marchio collettivo e poi si sono presentati a chiedere una legge basata su quel disciplinare.

Bisogna avere autorizzazioni per fare una cosa del genere?
«No, visto che si tratta di un accordo privato. E questo è quello che abbiamo fatto con Artigelato; essendo una cosa privata non avevamo bisogno di chiedere autorizzazione a nessuno per farlo.
Quando però si è cercato di dare una certa risonanza all’iniziativa abbiamo scoperto che le riviste di settore non erano molto interessate, perché la cosa non era gradita agli inserzionisti. Siamo stati allora consigliati a cambiare strategia: scelto un luogo prestigioso, il Circolo della Stampa di Milano, e il 7/7/2007 lanciato l’iniziativa senza invitare la stampa specializzata che non si era dimostrata interessata. Ovviamente si è presentata. Eccome.»

E voi come l’avete presa?
«Ci hanno fatto un grandissimo piacere, Artigelato è diventato l’argomento del giorno, su tutte le riviste si parlava di gelato artigianale. A mio modesto parere, la cosa che ha dato scandalo di Artigelato non erano tanto i contenuti, ma il fatto che uscissimo fuori dal sistema: ma come i gelatieri pensanti esistono ancora, ma non sono in via di estinzione, ma non li avevamo soppressi?
L’editore di una rivista specializzata ci ha definiti delle “vespe”.  Ci sentiamo a dire il vero più “api”. Il titolare di un’azienda di macchine da gelato, nel far polemica, ci ha dato una visibilità che neanche immaginavamo. Putroppo Artigelato non è riuscito ad andare avanti per una serie di vizi burocratici e perché i gelatieri quando gli dici di tirare fuori qualche soldo per farsi certificare si tirano indietro.
Alla fine eravamo una decina.
Altro errore è stato quelo di far intendere che il disciplinare era per i soci di Confartigianato, CNA e CASA, mentre doveva essere per tutti.»

E adesso?
«Vediamo come procede questa nuova proposta e incrociamo le dita. Sono fiducioso perché la proposta non ha la presunzione di definire il gelato artigianale in se, ma di andare a stabilire quale potrebbe chiamarsi “gelato artigianale di tradizione italiana”, quindi è una cosa che non va a compromettere gli interessi di nessuno.
La presenza di questa legge non obbliga il gelatiere a fare il gelato nel modo proposto.
Chi vuole farlo potrà sceglierlo liberamente.
Ovviamente già c’è chi sostiene che l’unica legge valida è quella del mercato. Una volta si chiamava “legge della giungla”.
Quello che mi fa “tristemente sorridere” sono quei gelatieri che sostenendo l’idea della legge del mercato credono di essere dei leoni e di potersela giocare. Quando va veramente bene siamo dei gatti. Spesso “sotto la pelliccia si scoprono conigli”.»