classe: 1939
segno zodiacale: pesci
tempo libero: andare in bicicletta,
cammino di Santiago di Compostela
gusti preferiti: vaniglia

Come è nata la passione per il gelato artigianale?
«Nativo di Zoppè di Cadore, sono il maggiore di sei fratelli; discendo da una famiglia di gelatieri e già nel 1890 mio nonno usciva con un carrettino dei gelati a Vienna.
La nostra è terra di emigranti, non ci potevano essere altre scelte se non fare il mestiere del gelatiere.
La mia prima esperienza, da dipendente, fu nel 1955 a Bellaria (Rimini), lavorai quattro mesi in una gelateria gestita da un paesano. L’anno successivo andai in Germania a Witten Ruhr nella gelateria dei De Lorenzo dove rimasi per cinque anni. In seguito con i miei fratelli aprimmo la nostra prima gelateria di famiglia. Per 20 anni lavorai in Germania. Con mia moglie Rita decidemmo che i nostri figli, nati in Germania, non dovessero perdere le radici con il nostro Paese d’origine. In accordo con i miei fratelli decisi di far rientro in Italia, comprammo una gelateria di uno zio, a Fano in provincia di Pesaro, e lì restai per 15 anni così i miei figli completarono gli studi.
Nel 1984 feci ritorno in Germania, a Cochem, dove aprii una gelateria artigianale con servizio ai tavoli. Ora che i miei figli hanno preso le redini dell’attività ho fatto ritorno al paese d’origine dove trascorro le giornate tra le mie splendide Dolomiti, patrimonio dell’umanità.»

Quanti gusti produceva nella sua gelateria e com’è cambiato il prodotto?
«Agli inizi della mia carriera la vetrina non conteneva più di tredici sorti, attualmente i miei figli, producono quasi quaranta gusti.
Oggi il gelato è migliore di una volta, negli anni cinquanta risultava molto freddo e magro di sapore al palato.
A mio modesto parere il gelato prodotto in Germania è più tutelato di quello italiano.»

Come si viveva da emigrante?
«Non mi sono mai sentito un emigrante, sono un imprenditore che è andato a vendere il gelato in un altro Paese. Io mi sono trovato benissimo in Germania, la considero la mia seconda patria.»

Lei è stato presidente dell’UNITEIS, e presidente di ARTGLACE cosa ricorda di quelle esperienze?
«Mi sono rimasti tanti bei ricordi, sono molte le cose che umanamente ho ricevuto da parte degli associati operanti in Germania. In ambito ARTGLACE, aver contribuito, con Longarone Fiere e Ferdinando Buonocore, alla nascita della “Giornata Europea del Gelato Artigianale” è stato un bel traguardo per il settore e una bella soddisfazione personale.
Purtroppo mi è rimasta un’amarezza nei confronti dei gelatieri, i quali non sanno sfruttare questo evento e in pochi aderiscono all’iniziativa. Mentre l’industria fa di tutto per “apparire artigianale” nella comunicazione, nella pubblicità, molti artigiani non vedono al di là del proprio orticello e questo è un limite per far conoscere il prodotto e farlo apprezzare al consumatore.»

Non ci sono troppe associazioni?
«Fin troppe sigle minuscole, comitati regionali e associazioni, che praticamente non contano nulla.
Un caso recente ed emblematico, all’Expo di Milano le associazioni di categoria non sono riuscite ad imporre il gelato artigianale.
Le leggi si decidono al Parlamento Europeo, la nostra categoria non è rappresentata in maniera forte e autorevole, la fanno da padroni le lobby delle industrie e così passano leggi e direttive che vanno nella direzione opposta alla produzione artigianale.»

Si è tanto discusso di direttiva sul gelato artigianale, ma senza giungere a nulla, perchè?
«Sono anni che se ne parla, ma nulla di concreto è stato fatto; al tavolo di discussione ci devono essere i gelatieri e non i politici.
Molti gelatieri preferiscono convivere in una giungla senza regole.
La direttiva andrebbe a vantaggio e tutela del consumatore e di quelle gelaterie che producono un prodotto di qualità.
Io non dico che il gelato fatto con la frutta sia più buono di quello fatto con gli aromi, ma ritengo che sia necessario dichiararlo, sarà il consumatore informato e in piena automia a scegliere.»

Che ruolo ha la formazione?
«E’ importantissima, e per un giovane che volesse intraprendere questo mestiere è indispensabile.
La formazione deve essere ad appannaggio delle associazioni di categoria e i docenti devono essere preparati professionalmente e svincolati da qualsiasi interesse particolare.»

Quale futuro per la gelateria in Germania, ci sarà il ricambio generazionale?
«Il problema esiste, c’è una profonda crisi nella continuità di gestione degli Eiscafè da parte degli italiani, e di questa situazione ne soffro.
Nella zona dello Zoldano e del Cadore non ci sono più i gelatieri come negli anni ‘70, sarebbe riduttivo dare la colpa ai giovani che non vogliono seguire le orme dei padri; ai miei tempi non era sempre una libera scelta, come lo è stato nel mio caso; il più delle volte era dettata dalla crisi occupazionale che costringeva a migrare.
Per alcuni, questa scelta di vita è stata vissuta malvolentieri, e sicuramente non sono riusciti a trasmettere la passione per questo lavoro ai figli. Oramai molti gelatieri in Germania, non trovando italiani disposti al sacrificio che comporta questo lavoro, sono costretti loro malgrado a passare il testimone della gestione a ex dipendenti di altre nazionalità.
Sovente si possono incontrare degli Eiscafe Dolomiti, Cortina, Riviera etc, ma gestite da portoghesi, argentini o brasiliani; a molti colleghi non va giù questa situazione, ma non vi è soluzione, chi compra un’attività ha tutto il diritto di mantenere l’insegna per sfruttare la storia del locale.»

Ci si lamenta della concorrenza…
«Lamentarsi non serve a nulla, se dopo trent’anni aprono un’altra gelateria nel tuo stesso paese, devi riflettere sul perchè.
Non devi star lì con il muso imbrociato sull’uscio del tuo locale e non salutare più il tuo cliente che è passato alla concorrenza. Fagli un bel sorriso.
E’ venuto il momento di rinnovare, il tuo arredamento e le proposte contenute nel menù, c’è bisogno di reagire, il gelatiere deve saper intercettare i cambiamenti, le mode e le esigenze della clientela.»

Se potesse tornare indietro nel tempo rifarebbe questa scelta di vita?
«Rifarei tutto quanto, il gelato artigianale è passione, amore e arte. Per me è il più bel mestiere del mondo permettendo di dar sfogo alla propria creatività e fantasia.
Lavori in ambiente pulito e sei a contatto con la gente.
Essere artigiano vuol dire lavorare con le mani, collegate alla testa e al cuore per metterci la passione.
Infine un pensiero di gratitudine ai miei avi e ai miei maestri e amici, Luca Caviezel e Carlo Pozzi.»

© Foto Luigi Frassinelli