Vittorio Piccin10 agosto 2014 – Intervista a Vittorio Piccin, fondatore della Piccin Frigoriferi

VITTORIO VENETO – Come e quando è nata l’azienda Piccin Frigoriferi? «A 14 anni iniziai a fare il garzone in una pasticceria consegnando le paste nei bar, poi in seguito ad aiutare nel laboratorio.
Dopo una breve esperienza come carpentiere in un cantiere edile, contandino e pastore, iniziai come apprendista da una coppia di artigiani frigoristi, ma la paga era bassa…(sospiro)
In seguito venni assunto dalla società Sirti e con pala e piccone contribuii alla creazione della rete telefonica, ma era un lavoro  massacrante…Nel frattempo i frigoristi mi volevano a tutti i costi nella loro impresa ed erano disposti pure ad aumentarmi lo stipendio.
Rimasi in quella ditta per circa sette anni; si lavorava anche il sabato e la domenica terminavo a mezzogiorno, per una paga di cinquecento lire la settimana. In quegli anni ho montato molti banchi da gelato con annesse macchine del gelato, non esistevano le vetrine refrigerate, c’era il sistema a salamoia.
Mi ricordo che dovevamo sciogliere il sale, che arrivava in blocchi dentro sacchi di iuta, nell’acqua calda e poi riempire il banco fino all’orlo.
Le vasche del mantecatore verticale erano in bronzo con delle stagnature e succedeva che con l’usura delle spatole, se il gelatiere non era attento alla pulizia, il gusto limone poteva assumere una colorazione verdastra.
Nel 1955 decisi di mettermi in proprio, ma fui interrotto dalla chiamata alla leva per 18 mesi. Correva l’anno ‘57, avevo concluso il servizio militare a 21 anni, ripartii con la mia ditta: la Piccin Frigoriferi. Il percorso da imprenditore si è concluso con l’assegnazione della pensione, nel 1997, posso dire…del tutto meritata.»

Come si è evoluto il mondo della refrigerazione? «Il settore ha fatto passi da gigante, ma gradatuamente, ad esempio, dai gas utilizzati nei compressori; una volta c’era solo l’ammoniaca poi siamo passati all’anidride solforosa.
I motori dei frigoriferi erano a cinghia e le manuntezioni erano difficoltose, spesso bisognava ingegnarsi sul posto e porre rimedio con mezzi di fortuna, perchè avevamo una scarsa attrezzatura idonea alle ripazioni.
Una volta il gelato rimaneva nei pozzetti dei banchi a salamoia, oggi ci sono vetrine refrigerate, ad aria, dove i vari gusti di gelato vengono messi in bella mostra.
Per quanto riguarda la produzione del gelato, anche qui si è passati dalle macchine verticali tipo Cattabriga, agli odierni mantecatori orizzontali, senza uso del bastone per l’estrazione, con l’aggiunta della preparazione la miscela pastorizzata con la stessa macchina. Questo ha reso il lavoro piu facile, veloce e sicuramente meno faticoso. Oggi l’assistenza tecnica è da “camice bianco” si interviene sostituendo le schede elettroniche.»

Com’è cambiato il prodotto e il settore del gelato artigianale? «Una volta il gelato era magro, freddissimo, poco spatolabile, c’erano poche gelaterie e pochi gusti. Oggi la scelta del prodotto è ampia e di qualità e viene presentato al consumatore in modo ottimale e attraente.
Da osservatore mi sento di dire, che l’unica nota dolente di questo settore è che si è ampliato talmente tanto che oggi si possono trovare chioschi di gelato a poca distanza tra loro, creando una concorrenza esagerata in un mercato dei consumi che è sempre lo stesso. Va ricordato che la qualità, la professionalità e il modo di porsi al cliente sono sempre le armi vincenti e che fanno la differenza per essere un negozio di successo.»

Oggi lei è pensionato, ma l’azienda continua ancora nella sua missione?
«Sì, devo dire che negli anni anche l’azienda si è trasformata ed evoluta. In una sede nuova più spaziosa ed attrezzata, abbiamo affiancato all’assistenza tecnica, nostro fiore all’occhiello, la commercializzazione di attrezzature per il laboratorio e la realizzazione di arredamenti chiavi in mano per gelaterie e pasticcerie.
Finiti gli studi, i miei due figli hanno incominciato ad affiancarmi in azienda.
Da subito, sono stati assunti e hanno dovuto fare la gavetta, affrontando tutti gli aspetti dell’attività in proprio, anche quelli negativi, e putroppo non mancano…Grazie anche alle loro diversità caratteriali e competenze, supportate da un grande affiatamento, hanno dato un svolta significativa alla nostra impresa di famiglia.
Oggi sono un “pensionato imprenditore” molto soddisfatto e tranquillo, e di questo ringrazio i miei figli, perchè ho lasciato l’azienda in buone mani.»