29 novembre 2012 – L’articolo 62 del decreto Liberalizzazioni, impone il pagamento a 30 giorni per le merci deperibili e a 60 per le merci non deperibili

ROMA – Chi pensa al bar italiano come qualcosa di statico, cioè il classico locale con quattro amici al tavolo intenti a giocare a carte, ha un’idea decisamente errata. Se questa immagine ancora sopravvive (per fortuna) in qualche realtà, nella stragrande maggioranza dei casi il bar è uno dei locali soggetto ai cambiamenti più evidenti, sia in termini di movimentazione delle imprese sul mercato, sia in termini di ambientazione e servizi da offrire al consumatore.

Resta però innegabile che la parte basilare del bar è rappresentata dal prodotto caffè. Tuttavia, come dimostra la ricerca realizzata dall’ufficio studi Fipe-Confcommercio in occasione di Triestespresso, i nuovi stili di vita e la domanda in continuo mutamento hanno portato il bar ad essere sempre più poliedrico. È molto cresciuta l’offerta di pasti, così come quella di intrattenimento.

La recente crisi ha però minato la vitalità del bar, tanto che nel 2010 e nel 2011 il saldo fra le attività aperte e quelle chiuse è stato negativo per un totale di ben oltre settemila unità. Il fatturato complessivo del canale bar arriva a sfiorare i 19 miliardi di euro. Il quadro potrebbe peggiorare ancora, mettendo a rischio fallimento migliaia e migliaia di strutture, con l’entrata in vigore, dell’articolo 62 del decreto Liberalizzazioni che impone il pagamento a 30 giorni per le merci deperibili e a 60 per le merci non deperibili.
Ed è stato anche calcolato che rispettare l’articolo 62 costringerà la ristorazione ad avere una liquidità disponibile di 1,5 miliardi di euro e costringerà gli operatori della filiera alimentare ad avere una liquidità disponibile di oltre 5 miliardi di euro. Come si usa dire… non proprio noccioline!

Fipe, ha già dichiarato di voler affrontare il problema da un punto di vista giuridico, intravedendo nell’articolo 62 profili di incostituzionalità, poiché regolamenta nello stesso modo situazioni oggettivamente diverse. Oltretutto, l’articolo in questione è anche in contrasto con la direttiva comunitaria nella lotta ai ritardi di pagamento che prevede la derogabilità da parte dei soggetti privati contraenti.